Il futuro della scuola sarà la burocrazia?
Fra i libri che mi sono cari, a cui spesso ritorno per riflettere, c’è LTI. La lingua del Terzo Reich, del filologo tedesco Victor Klemperer. Pubblicato in Italia da Giuntina, è uno di quei libri che, senza tema di retorica, possono cambiare la vita, o almeno la prospettiva su molte questioni, non solo linguistiche.
Filologo romanzo, Klemperer fu colpito in quanto ebreo dalle leggi di Norimberga e per questo costretto a lasciare l’insegnamento. Sposato ad una donna “ariana”, si salvò dalla deportazione proprio in virtù di un cavillo presente nelle leggi razziste del 1935. LTI è il frutto delle osservazioni, delle annotazioni, delle riflessioni che Klemperer, privato del proprio mestiere e della propria biblioteca, fece, a rischio della sua stessa vita. La lingua è l’oggetto di studio, e in particolare la vera e propria “occupazione” che il nazismo, col suo carico ideologico, attuò nei confronti del tedesco, incidendo profondamente anche dopo la caduta di Hitler. Perché è la lingua, scrive Klemperer commentando un distico di Schiller, «che crea e pensa per te».
Dopo aver letto un libro come LTI non si può vedere la realtà come la si vedeva prima. Così è accaduto a me negli anni universitari e così credo possa accadere ancora. Per questo il libro è una lettura che suggerisco spesso ai miei studenti degli ultimi anni e uno strumento che qualche volta ho utilizzato in classe (il capitolo sulla storia del termine fanatish è un saggio esemplare e un utile strumento per affrontare l’Illuminismo in chiave europea).
In questi giorni LTI mi è tornato in mano. Mentre si avvicina il 27 gennaio, mentre le superiori affrontano il terzo mese di DID, ex DAD, mentre si consuma una crisi politica senza precedenti sono tornato quasi per caso al “mio” Klemperer per riflettere sulla scuola, e in particolare su un aspetto che in qualche modo si lega alle riflessioni del filologo, quello della burocrazia.